Redazionali
L'Idrolisi enzimatica
L'Idrolisi Enzimatica
21/10/2013
Gli idrolizzati proteici sono ottenuti dal processo di “idrolisi delle proteine”, che consiste nella rottura delle lunghe catene di amminoacidi (che costituiscono le proteine stesse) per effetto dell’acqua e della temperatura.
Essendo strutture molto complesse, per essere scisse, le proteine necessitano di un altro agente esterno, una sostanza acida o basica o un complesso di enzimi, come avviene, ad esempio, nel nostro apparato digerente.
Per ottenere gli idrolizzati proteici, impiegati in agricoltura come fertilizzanti, il processo produttivo può prevedere due strade:
- Idrolisi chimica: con l’aiuto di una sostanza chimica (acida o alcalina) e quindi a pH acido o basico e, in genere, ad alta temperatura;
- Idrolisi enzimatica: con l’aiuto di enzimi, a bassa temperatura (40-50°C) e pH vicino alla neutralità. Questi enzimi sono “stereo-selettivi” e sono in grado di tagliare la catena di amminoacidi in punti specifici.
Una prima importante differenza tra i due tipi di idrolisi è che quella chimica, essendo più aggressiva, porta ad ottenere una maggiore quantità di amminoacidi singoli, detti amminoacidi liberi, mentre con quella enzimatica che è più dolce, possiamo avere alla fine del processo meno amminoacidi liberi, ma tanti più dipeptidi, polipeptidi e peptidi, cioè catene corte contenenti due, tre o più amminoacidi.
Uno dei parametri con cui si può valutare la quantità di un idrolizzato proteico è il grado di racemizzazione, che tiene conto non solo della quantità degli amminoacidi presenti, ma anche della loro disponibilità per le piante. Infatti, idrolisi effettuate in condizioni particolari di alte temperature e che utilizzano sostanze chimiche a concentrazioni elevate, possono provocare un fenomeno di elevata racemizzazione degli amminoacidi liberi. La racemizzazione è un fenomeno naturale che porta ad ottenere amminoacidi che i biochimici classificano in base alle loro proprietà come:
- Amminoacidi levogiri
- Amminoacidi destrogiri
La forma presente in natura, quindi biologicamente attiva e utile alle piante, è quella levogira. Questa reazione procede molto lentamente in condizioni di temperatura ambiente, mentre è accelerata ad elevate temperature e questo è uno dei motivi per cui gli amminoacidi destrogiri sono praticamente assenti in natura, mentre la forma presente e biologicamente attiva per le piante è quella levogira.
Un'idrolisi chimica ad alta temperatura porta quindi ad una quantità elevata di amminoacidi destrogiri, che possono essere considerati un indice negativo nella qualità del prodotto.
L'idrolisi enzimatica invece, avvenendo a basse temperature e grazie agli enzimi, permette una minor racemizzazione ed una elevata presenza di amminoacidi levogiri. Per questo, in un idrolizzato proteico, non è solo importante la presenza di amminoacidi, ma è fondamentale che questi siano levogiri, altrimenti non sono attivi e quindi inutili. Occhio quindi a non farsi abbagliare dalla percentuale di amminoacidi liberi presenti nel prodotto, che rappresenta un'informazione molto parziale della qualità dello stesso.
GELAMIN®, idrolizzato proteico che si ottiene dal processo FCEH® (Fully Controlled Enzymatic Hydrolysis), conserva al suo interno gli amminoacidi nella forma levogira. Per questo agisce meglio sulle piante rispetto agli altri idrolizzati proteici. Il processo di produzione è esclusivo di ILSA, per cui è la garanzia della qualità di tutti i prodotti fluidi (fogliari e fertirriganti) ottenuti da questa matrice.
Sia applicati per via fogliare che in fertirrigazione, gli amminoacidi e gli oligopeptidi di GELAMIN® vengono assorbiti facilmente e quindi subito utilizzati a livello cellulare, dove esplicano la loro azione biostimolante (risposta a situazioni di stress, proliferazione e distensione cellulare, ingrossamento dei frutti, risveglio vegetativo), nutrizionale (perché sono composti da azoto organico in forma già elaborata), complessante (che consente il maggiore assorbimento di microelementi) e coformulante.